Giorgio Armani riorganizza la maison fondata nel 1975

“È un momento in cui il mercato globale, sempre più competitivo, continua a cambiare — spiega lo stilista — ed io non mi sono limitato a prendere atto di ciò che sta succedendo, ma sono intervenuto semplificando i brand. Quest’operazione non soltanto li rafforza chiarendone il carattere, ma li precisa concentrando l’attenzione su Giorgio Armani, Emporio Armani e A/X Armani Exchange”.

Re Giorgio, insomma, si è già organizzato affinché i suoi tre marchi resistano agli attacchi dei colossi internazionali. Armani rimarrà tricolore e manterrà lo stile e i valori del fondatore: nessun approdo in Borsa, almeno nel breve termine, e nessuna cessione per una delle maison più iconiche del made in Italy.

Sarà invece la Fondazione Armani, cui attualmente lo stilista ha versato lo 0,1% del capitale ma che poi erediterà il restante 99,9%,  a prendere in mano il timone futuro del gruppo, secondo regole vincolanti e rigidi criteri fissati dallo stesso stilista che, in questo modo, oltre ad evitare le sirene ammaliatrici dei fondi e colossi internazionali del lusso dovrebbe arginare i rischi di una disordinata gestione a troppe voci o, addirittura, quelli di uno  «spezzatino» della società.

Una scelta che rispecchia l’esigenza di assicurare un carattere permanente alla maison e di garantire alla stessa uno status istituzionale essendo questa sottoposta a un vaglio autorizzativo ex ante e a un monitoraggio periodico da parte delle autorità statali.
La famiglia partecipa invece alla governance della società in una composizione del cda che, nel tempo, è rimasta piuttosto stabile. Oltre allo stilista, nel board siedono Rosanna Armani e suo figlio Andrea Camerana, Silvana e Roberta, figlie del fratello Sergio.