Hijab e abaya protagoniste sulle passerelle della Grande Mela

Le lunghe vesti nere che coprono tutto il corpo tranne volto, mani e piedi delle donne in molti paesi islamici hanno fatto da protagonisti dello show a Chelsea di cinque stiliste indonesiane, due delle quali hanno proposto creazioni dedicate alla categoria «vestirsi con pudore» con modelle con i capelli coperti dal velo come si usa nei paesi musulmani.

«Non siamo oppresse e vogliamo mostrare al mondo che possiamo essere bellissime e stylish con l’hijab addosso», ha detto la designer Dian Pelangi, 4,8 milioni di seguaci su Instagram e una collezione coloratissima di broccati ispirati a un look medievale alla «Trono di Spade» ma anche, come ha spiegato lei, al documentario su Facebook «Humans of New York» del fotografo Brendon Stanton che documenta la diversità degli 8,5 milioni di abitanti della Grande Mela.

Un’altra stilista, Vivi Zubedi al suo debutto alla New York Fashion Week, ha deciso di venire da Giacarta a Manhattan in parte proprio come sfida a Trump che ha cercato di arginare l’emigrazione dai paesi a maggioranza musulmana come uno dei primi atti della sua presidenza: «Signor Presidente, amo il suo popolo e il suo paese. Non abbiamo intenzione di farvi del male. Siamo tutti uguali, tutti esseri umani», ha dichiarato la stilista.

Intanto, sempre come sfida a Trump, dominano alle sfilate le spillette blu create dal Council of Fashion Designers of America in collaborazione con l’organizzazione libertaria American Civil Liberties Union che ha portato in tribunale il bando anti-immigrati. S