Niente cessione da parte di Mayhoola e nessuna Ipo, ma progetti di crescita per la griffe da 1,164 miliardi di euro (+7%)
Valentino non vende, anzi gioca al raddoppio. La maison, satellite di Mayhoola for investments e al centro di indiscrezioni che la volevano pronta a un passaggio di mano, punta a crescere in Oriente, forte di un 2018, «Che si chiuderà in crescita, con percentuali molto simili al 2017», ha detto in un’intervista a MFF il ceo Stefano Sassi, ricordando che lo scorso esercizio ha visto il fatturato volare del 7% a 1,164 miliardi di euro.
Oriente a parte, dove la griffe è stata protagonista nei giorni scorsi con il progetto Valentino Tky, il 2019 vedrà lo sviluppo degli accessori con investimenti sulla piattaforma prodotto, lo sbarco in forze in Australia e il potenziamento in Cina. Oltre al battesimo dell’accordo con L’Oréal che porterà la griffe, affidata alla creatività di Pierpaolo Piccioli, a rilanciare le fragranze e a debuttare nel mondo della cosmetica con un progetto ah hoc. «Quando è entrato nel perimetro del gruppo, Valentino valeva 390 milioni di euro, oggi frattura oltre 1,1 miliardi. E abbiamo ancora ampio margine di crescita», ha poi detto il ceo.
Ecco, di seguito, cosa ha detto in merito il CEO di Valentino.
Partiamo dalla cronaca… Nelle scorse settimane si sono rincorse le voci di una possibile cessione…
Tutte stupidaggini, nessuna dismissione, anzi solidi piani di sviluppo e l’intenzione di continuare un percorso. È colpa dei bankers, sono solo speculazioni di mercato. In giro ci sono i soldi, e tanti, dei grandi gruppi che vogliono investire. Ma il nostro azionista ha sempre dichiarato che il suo è un investimento a lungo termine e che vuole aumentare la sua presenza nella moda, e Valentino è un asset fondamentale per creare un polo in questo senso. Mayhoola ha acquistato due realtà come Valentino e Balmain ad alto potenziale di crescita. Valentino ha triplicato il fatturato. Balmain registra crescite stellari. Nessuna dismissione, al massimo acquisizioni di altre realtà. Ma non nell’immediato.
Si è ventilata anche l’idea di una Ipo…
La quotazione è stata la valutazione di un progetto e del potenziale del marchio e di come veniva visto dal mercato. Oggi il dossier è fermo. La quotazione non avverrà né nell’immediato né in futuro.
E quindi come vede il futuro della maison? Quali saranno i driver di crescita su cui state puntando?
Di numeri è difficile parlare in questo momento considerando la situazione macro-economica. Più che di fatturato, abbiamo impostato una road-map di sviluppo. In primis gli investimenti sul prodotto. A oggi abbiamo ampi margini di crescita sulle borse e sul ready to wear, sia uomo che donna (il turnover della maison vede l’abbigliamento al 30%, gli accessori al 50% e la quota restante è generata dalle licenze, ndr). In particolare sulla pelletteria stiamo continuando a potenziare la nostra piattaforma produttiva totalmente made in Italy (a oggi la griffe vanta un sito produttivo per le borse in Lombardia, due aziende per le shoes in Toscana e una realtà dedicata alle sneakers nelle Marche oltre a un’azienda di metalleria accessori, Pescini, in Toscana, ndr). Investiremo in questa direzione con acquisizione ad hoc.
Il prossimo anno avete in cantiere anche il progetto beauty…
Si, il 2019 ci vedrà entrare, in partnership con L’Orèal, in maniera importante in questa arena. Il progetto vedrà il lancio delle fragranze e, a ruota, lavoreremo sulla cosmetica. Siamo felici di avere un partner importante, dalle spalle larghe, per un progetto su cui abbiamo grandi aspettative.
A livello di mercati, dove avete puntato il vostro obiettivo?
Sull’Australia, un mercato dove abbiamo debuttato a Melbourne e il prossimo anno apriremo a Sydney; c’è ampio margine di crescita sia grazie ai turisti cinesi, sia grazie alla clientela locale ad alto potere di spesa. Il 2019 sarà un anno concentrato sul retail. Abbiamo in programma circa 20 opening. Uno store importante sarà a Toronto e due grandi aperture riguarderanno la Cina e in particolare Pechino, con gli store al China world mall e a Sanlitum. In questo momento guardiamo con cautela al mercato cinese, soprattutto dopo le performance degli ultimi due mesi. Siamo sicuri sia una fase temporanea anche perché l’Oriente ci ha sempre dato gradi soddisfazioni. Oggi la Greater China rappresenta la quota più importante del nostro fatturato retail, intorno al 50%. Ma ci sono ancora margini di crescita. Sia a parità di perimetro che con nuovi store, visto che oggi abbiamo soltanto 15 boutique in Cina, circa dieci a Hong Kong e quattro a Macao. In Giappone, invece, vogliamo crescere a parità di perimetro.
Il Giappone, appunto, perché avete scelto questo paese per un evento come Valentino Tky?
Perché volevamo completare un percorso. Abbiamo lavorato per cambiare la percezione del marchio rendendolo più cool. Abbiamo fatto grandi investimenti, con gli store di Omotesando e di Ginza. E questo pop-up, oltre alla sfilata trasmessa sui mega screen di Shibuya, è stato raggiungere la vetta. Qui in Giappone abbiamo 30 punti vendita, tra prima linea ed etichetta RedValentino. A parità di cambi, nel 2018, il Giappone è cresciuto del 15% circa, ed è un mercato che vale tra l’8 e il 10% del fatturato. E poi questa idea di store è un concept autentico, un benchmark che vorremmo replicare in futuro anche in altre piazze.
Tornando ai numeri… Come si chiuderà il 2018 di Valentino?
Sarà un altro anno di crescita, con percentuali molto simili al 2017 che si era chiuso a 1,164 miliardi di euro in salita del 7% a parità di cambi (+5% cambio corrente, ndr). Aspettiamo di vedere le performance di novembre e dicembre ma siamo positivi. Anche perché dopo un primo quarter debole, i conti sono migliorati in maniera interessante. Tutti i mercati sono saliti, ci aspettavamo qualcosa di più dall’Europa. Quello che ci ha stupito, ancora una volta, è stato l’uomo, che ormai vale circa 200 milioni e che continua a correre con percentuali di aumento double digit spinte, anche nel 2018.