A San Francisco prima mostra sull’evoluzione dei codici ‘pudici’ del vestire
S’intitola Contemporary Muslim Fashions ed è una prima e grande esposizione museale mai organizzata di moda islamica femminile, che esplora la complessa natura dell’abbigliamento delle donne musulmane e dei suoi attuali codici di abbigliamento “pudici”. La mostra esamina come le donne musulmane – quelle che coprono la testa e quelle che non lo fanno – siano diventate arbitri di stile dentro e fuori le loro comunità, e così facendo hanno attirato l’attenzione dei mass media sulla vita musulmana contemporanea e del mondo della moda che ha creato anche collezioni apposite di ‘modest fashion’ (come Dolce&Gabbana ad esempio).
La mostra al De Young Museum di San Francisco, organizzata dal Fine Arts Museums della città californiana, dal 22 settembre al 6 gennaio 2019, è a cura da Jill D’Alessandro e di Laura Camerlengo, con la consulenza di Reina Lewis, docente di studi culturali al London College of Fashion. La mostra offre uno spaccato di diverse interpretazioni religiose del lusso, della streetwear e della haute couture.
Sono esposte mise di grandi case di moda e noti designer, occidentali e orientali da Yves Saint Laurent a Faiza Bouguessa. Poiché l’Islam è una fede multiculturale, l’abbigliamento dei suoi praticanti è modellato non solo da principi religiosi, ma anche dai costumi, dalle tradizioni locali e dalle tendenze della moda globale. Le principali gallerie della mostra esplorano questi sviluppi in tutto il mondo attraverso un’indagine regionale, con la prima sezione dedicata a Paesi a maggioranza musulmana in Medio Oriente, come Emirati Arabi (Dubai), Arabia Saudita e Kuwait. Tra i designer presenti questa sezione ci sono anche Chador e Fyunka. Le ricche tradizioni tessili e dei costumi del sud-est asiatico, in particolare l’Indonesia, influenzano i design prodotti per il settore della moda musulmana “pudica” come evidenziato dall’uso di tessuti lussuosi, colori vivaci e tagli complessi da parte di designer come Itang Yunasz, Dian Pelangi e Bernard Chandran.
Una selezione di capi realizzati da musulmani che ora vivono negli Usa e nel Regno Unito, come Céline Semaan, Vernon di Slow Factory e Saiqa Majeed di Saiqa London, mostrano come la migrazione e il trasferimento abbiano modellato pratiche religiose e codici di abbigliamento. Per esplorare l’ascesa della cultura consumistica musulmana, una sezione della mostra è dedicata alla fast fashion con disegni di Sarah Elenany e Barjis Chohan.
Un’altra sezione della mostra è dedicata invece alla fotografia e include immagini di Hengameh Golestan delle dimostrazioni femminili in Iran nel 1979, contro l’imposizione del velo. Gli oggetti esposti sono tratti da collezioni private e saranno anche presenti pezzi acquisiti dal museo come ilprimo hijab sportivo professionale della Nike. Altre opere d’arte, come il poster di Greater Than Fear dell’artista americano Shepard Fairey che riprende una donna con velo a stelle e strisce, mostrano il potere della moda come simbolo di protesta politica. “C’è chi crede che non ci sia alcuna moda tra le donne musulmane, ma è vero il contrario, con comunità di moda moderne, vivaci e straordinarie, in particolare in molti Paesi a maggioranza musulmana” afferma Max Hollein, direttore e ceo dei Musei delle Belle Arti di San Francisco.
La mostra rileva come negli ultimi anni ci sia stata una maggiore consapevolezza dei consumatori musulmani di un segmento importante dell’industria globale della moda. In tutto il mondo, le settimane della moda “pudica” – in Italia a Torino – promuovono designer affermati ed emergenti all’interno della comunità islamica, in aggiunta al numero crescente di designer occidentali e non occidentali che creano stili che coprono di più il corpo. Per molti vestirsi in stile musulmano e alla moda, aiuta a promuovere una consapevolezza positiva della propria cultura tra i contemporanei pregiudizi anti-musulmani. Sono infatti esposti diversi tipi di copricapo, tra cui l‘abaya, il burka, l’headwrap, l’hijab e il turbante, assieme a proposte più recenti e a capi di abbigliamento sportivo ibrido come il burkini.
Voci e narrazioni sono raccontate in video di sfilate, notizie, documentari e fotografie, oltre a riviste di moda e lifestyle come Ala, prima magazine turco sullo stile di vita musulmano, Alef, rivista di lifestyle di lusso fondata in Kuwait e il Vogue Arabia, lanciato di recente.