Collezioni come queste possono rappresentare una sfida per chi vuole sì vendere le proprie idee, ma almeno sta ancora sognando
Partiamo da un aneddoto: Marc Jacobs ha iniziato con un’ora e mezza in ritardo. Arrivavano persone importanti, alcune perché dovevano prendere un volo notturno per Londra, altre perché dovevano prendere un taxi per Rihanna, che stava mostrando la sua collezione di biancheria Fenty a Brooklyn. La voce che girava era che i vestiti non erano nemmeno stati consegnati alla Park Avenue Armory, fino a quando lo spettacolo non era già iniziato.
E l’episodio ha ricordato la Grande attesa del 2007, quando Jacobs era invece in ritardo di ben due ore.
Non a caso, insomma, il critico di moda Suzy Menkes ha scritto tempo fa una frase poi divenuta famosa : “Mi piacerebbe ucciderlo a mani nude, e non vedere mai più un altro show di Marc Jacobs in tutta la mia vita”.
Ma alla fine, l’attesa non era poi così male : nel Park Avenue Armory c’era una leggera aria condizionata, il wifi e Twitter. Il tempo è passato rapidamente.
Sarebbe sembrato più bello se fosse iniziato un’ora prima? Forse.
Jacobs non ha concesso alcuna intervista in seguito, e come al solito non c’erano note di presentazione.
Un collega ha detto che il designer potrebbe finire per postare alcune riflessioni sui social media. Fino ad allora, bisogna immaginare quale possa essere stata la sua ispirazione ripensando alle collezioni precedenti, e ad un dipinto di Genieve Figgis cui ha fatto riferimento su Instagram tre giorni prima, dicendo che lo faceva sentire felice.
Il lavoro di Figgis, spesso descritto come macabro, raffigura gli aristocratici del XVIII secolo più grotteschi che raffinati. Ma i suoi soggetti sorridono spesso, anche quando c’è sangue che gocciola dalle loro bocche.
Il set, ancora una volta, era di riserva, anche se non così scarso come lo era nelle ultime stagioni, quando i tempi della compagnia diventavano magra. Invece del compensato nudo e traballante, il pavimento era laccato, ancorato da un pannello curvo a griglia. Ne uscì una serie di cose che esplodevano: gigantesche rosette di georgette di seta legate ai fianchi, girocolli in cristallo 3-D, strati increspati di pizzo metallico arricciato che sporgevano dal colletto di un vestito.
Chiamalo glamour di Joan Crawford, chiamalo follia, ti colpisce con uno sguardo intenso, un “kapow!” Di piume a strati, pantaloni di raso e collant scintillanti. Campy, sì, ma poi si sarebbe intrufolato in un henley color avena o in un serbatoio sottile a coste, per ricordarci che era il 2018.
Ma a cosa serve tutto questo? Rivisitando le vecchie collezioni, Jacobs progettava il prêt-à-porter che era, beh, pronto da indossare. Ora è in una terra fantastica, divertente da visitare, ma forse non così divertente per un pò di tempo.
Può essere una sfida per chi cerca di commercializzare le sue idee. Ma almeno sta ancora sognando.