La dissezione anatomica che ha contraddistinto Samuel Ross da altri big dello streetwear è stata precisa, colorata, estetica
L’anno nuovo è appena iniziato e la moda non resta mai indietro, anzi guarda sempre avanti. A posticipare il rientro in ufficio ci ha pensato la London Fashion Week Men’s, che lo scorso sabato ha fatto luce sulle tendenze e le collezioni che domineranno la prossima stagione invernale.
La capitale inglese è rinomata in quanto a innovazione e sperimentazione e, anche stavolta, l’aspetto curatoriale delle varie presentazioni ci ha lasciato a bocca aperta.
Dai modelli che sfilano tra urinatoi in ceramica ricoperti di muschio, ai cloni e cyborg che ci ha presentato Xander Zhou, di certo i designer della capitale sanno come far parlare di sé! Ma, scenografie a parte, quello che abbiamo visto sulle passerelle conferma parzialmente le tendenze che vi avevamo annunciato per il 2019, rivisitando i classici del guardaroba maschile (come il completo giacca-pantalone o il giubbotto in pelle) e suggerendoci di giocare sempre più con gli accessori, che da tocco finale diventano protagonisti.
In uno spazio total black a Brick Lane, su una passerella distante quasi cinque metri dalla front row, lo show concettuale di A-Cold-Wall* fonde cuciture, saldature e oblò su capi di ispirazione sportiva in materiali dalla lana al nylon.
L’idea è di un futuro distopico, complice la soundtrack elettronica e dissonante come in una torre di controllo. Su un lato del catwalk, tre performer in nero avanzano strisciando in una pozza d’acqua.
Samuel Ross è un fashion polymath, un uomo con grande immaginazione, energia e tempo per progettare una complessa collezione di abbigliamento e accessori, per concettualizzare una presentazione altrettanto complessa per la sua creazione, e per comporre un’elaborata colonna sonora elettronica per sottolineare l’intera cosa. E poi è stato in grado di parlare di bottom line: capacità produttiva, crescita prevista, punto di prezzo, significativa contrazione del logo, riflettendo una sensibilità sofisticata all’evoluzione della nicchia di A-Cold-Wall*l .
“Come posso parlare ad un consumatore di moda mantenendo il mio culto principale coinvolto?” Si chiedeva Ross. In effetti, è stato così bravo a definire il business che mi ha colpito qualcosa di estremamente ovvio. Nelle sue stesse parole, “la collezione esiste accanto alla performance art.” O, nelle parole di qualcun altro, non puoi averne una senza l’altra. Man mano che l’azienda cresce, così anche la voglia di Ross di contestualizzare ciò che fa, dargli il significato più profondo possibile. Per un designer tanto angosciante quanto lo è, una tale fame è una nuda necessità. Ma è un delicato equilibrio.
Ross ha detto di aver lavorato per sei mesi sull’aspetto prestazionale del suo ultimo spettacolo. Si aprì su tre figure rannicchiate nell’oscurità a un’estremità di un rettangolo di acqua scura. Mentre si sollevavano faticosamente verso una zattera all’estremità opposta del rettangolo, la collezione era sfilata su una passerella adiacente da modelli che lanciavano occhiate nervose all’indietro, come se fossero state inseguite. Le ombre si addensavano, i cani da guardia abbaiavano.
Mi è venuta in mente l’installazione spaventosa di Anne Imhof nel padiglione tedesco dell’ultima Biennale di Venezia. Ross non aveva sentito parlare di Imhof, ma c’era chiaramente uno zeitgeistig che stava succedendo qualcosa. L’acqua oscura, i dobermann, la paura primordiale.
“La paura di base di ciò che viene dopo, come suona e come appare”, leggono i presenti. Il tumulto politico, l’ascesa del populismo, la xenofobia – tutto riecheggiava nella messa in scena di Ross.
Samuel Ross, originario di Brixton, per il suo brand miscela in maniera sofisticata abiti da classe operaia, abbigliamento sportivo tecnico, dettagli concettuali e volumi intelligenti. Ex assistente di Virgil Abloh e finalista al ‘Prix LVMH’, è il designer da tenere d’occhio perché pare proprio destinato a grandi cose.