La maison di Mayhoola, che chiuderà il 2018 a 185 milioni di euro, ha inaugurato un nuovo polo produttivo per gli accessori in Toscana, a Scandicci, e progetta una strategia ad hoc per le calzature sportive. Ma anche per l’eyewear ed il make-up

 

Balmain corre tra retail, investimenti in produzione e nuove licenze. La maison, controllata da Mayhoola for investments, ha in cantiere una serie di progetti nell’ottica di raggiungere l’obiettivo di triplicare i ricavi nel medio periodo, alla luce di un 2018 che si archivierà tra 180 e 185 milioni di euro.

Tra questi, l’ampliamento della quota del retail grazie a nuove aperture, l’impulso dato agli accessori con un nuovo sito produttivo a Scandicci (Firenze) e lo sviluppo di una business unit per le sneakers.

A raccontare a MFF le strategie future è stato il ceo Massimo Piombini, in occasione della presentazione del concept dello store al 374 di rue Saint-Honoré, progettato dal direttore creativo Olivier Rousteing in collaborazione con lo Studio Amv. Il negozio, a due piani, è il più grande della maison con una superficie di quasi 630 metri quadrati.

Che valore ha questa apertura per il marchio?
Parigi è il punto focale da cui trae spunto l’ispirazione di Olivier Rousteing ed è parte del Dna del brand. La location storica della boutique in rue François Premier è una destination chiave ma poco visibile. C’era l’esigenza di avere uno spazio diverso dove rappresentare il nuovo concept store e raccogliere le nuove categorie di prodotto immaginate da Olivier.

Quali in particolare?
Gli accessori, prima di tutto, che devono decollare. Abbiamo creato a questo proposito una Balmain Italia a Scandicci (Firenze), dove lavorano 40 persone in un building costruito ad hoc a partire da un capannone che apparteneva alla gioielliera Cassetti. È una sede bellissima per produrre borse e scarpe, è stato un investimento importante. E poi c’è un grosso progetto sulle sneakers.

 

Di che cosa si tratta?
Parte dall’idea di avvicinare Balmain al vastissimo pubblico che già conosce il marchio, tra il profilo di Olivier e quello del brand contiamo 15 milioni di follower su Instagram, ma che ha difficoltà ad avvicinarsi al prodotto. Perciò abbiamo costruito un’azienda nell’azienda, abbiamo assunto una persona che viene da Puma come una sorta di general manager di questa business unit che è a tutti gli effetti indipendente per produzione, sviluppo, merchandising, comunicazione e distribuzione. Siamo partiti a settembre con due designer, di cui uno in arrivo da Nike. L’idea è quella di costruire fuori dal calendario della moda dei drop mensili con nuovi modelli. Vogliamo rilasciare poche unit per generare desiderabilità e fare seeding con i personaggi giusti. Abbiamo siglato anche un accordo con Selfridges per aprire un pop-up due settimane prima del lancio mondiale, che avverrà a giugno.
Un lavoro di apertura del brand fatto anche con l’ultima collezione di ready to wear.  Per me è la più bella collezione da quando sono qui. C’è una declinazione nella realtà. Le risposte che abbiamo con i pre-ordini sono buone e, per la prima volta, abbiamo venduto tantissime borse.

Tornando al retail, quali sono i prossimi progetti?
La vetrina parigina di rue Saint-Honoré rappresenta il punto di partenza della nuova strategia retail, che ci sta premiando in termini di performance. Non c’è stata cannibalizzazione con l’altra boutique ma abbiamo, nelle tre settimane di apertura, raggiunto l’obiettivo di conquistare una nuova clientela attratta dalla posizione e dall’offerta di prodotto. Quando sono arrivato in Balmain il retail praticamente non esisteva e il wholesale rappresentava il 95% delle vendite. La previsione è quella di raggiungere almeno il 35-40% di quota retail nei prossimi tre anni, pur mantenendo una forte presenza wholesale. Questo perché ci sono negozi multimarca che toccano un tipo di clientela che noi non avremmo mai, in secondo luogo perché il wholesale si sta trasformando molto in online. L’online di terzi è il vero online di ogni azienda. La desiderabilità dei portali non potrà mai essere eguagliata dai siti di proprietà.

Quante aperture prevedete?
Le aperture non saranno molte. È passata l’epoca della spinta esagerata al retail. Arriveremo a 35-40 negozi in posizioni chiave tra Usa, Asia ed Europa. Ora ne abbiamo quattro in America, tre in Europa e 15-20 in Asia.

Lo scorso anno parlava dell’obiettivo di triplicare i ricavi del brand. Siete in linea con questi piani?
Il 2018 non è stato ancora chiuso ma sarà in linea con gli obiettivi. Nel 2016 il turnover era di 136 milioni di euro, nel 2017 di 150 milioni e lo scorso anno si chiuderà intorno ai 180-185 milioni per correre verso un’ulteriore crescita double digit nel 2019. In più la profittabilità è ottima e in linea con le aspettative dell’azionista.

E la couture?
La couture è il modo scelto per promuovere questo negozio, con un’inaugurazione molto speciale. Al momento non abbiamo deciso se proseguire o meno. L’idea è quella di lasciare il progetto come sporadico, perché ci sono delle attività prioritarie per noi.

Quali oltre a quelle menzionate prima?
Beauty ed eyewear, per esempio. Stiamo scegliendo i partner giusti.